Nei ricordi del Grand-Tour
con antiche vedute e costumi
Elegante edizione (17x24) di ca. 60 pagine con 31 splendie illustrazioni
a colori di rari dipinti, acquerelli e stampe popolari.
Procida nei ricordi del Grand-Tour
Agli inizi del grand tour, infatti, si ebbe una diffusa indifferenza per le bellezze
naturali, oltre che per quegli aspetti pittoreschi o esotici che avrebbero avuto
gran fortuna durante l’Ottocento... Per Procida, in particolare, “il più antico dei
siti reali”2, feudo dal 1529 al 1734 dei D’Avalos e riserva di caccia reale dal 1735,
non si ebbero molti sbarchi di altri celebri grandtourists nel secondo Settecento
dopo quello di Berkeley, e le sole testimonianze di cui oggi si dispone sono quelle
di Jérome De Lalande, di Henry Swinburne, di Mariana Starke e della Vigée Lebrun,
risultando del tutto irrilevanti le citazioni del Volkmann e del Saint-Non;
per il secolo successivo, invece, la memoria dei luoghi e dei costumi più significativi
dell’Isola, delle sue chiese e dei monumenti, di qualche celebre personaggio
o di locande e di particolari abitazioni, fatta eccezione per i ricordi di viaggio di
John Chetwode Eustace e di Alphonse De Lamartine, trovò in genere qualche
riscontro nel corpus degli scritti odeporici e delle vedute solo dopo l’età napoleonica,
ovvero solo a partire dal ritorno di re Ferdinando a Napoli nel 1816. Ciò
avvenne forse perché l’isola era più piccola e meno caratterizzata della vicina Ischia,
o perché non vi incoraggiavano un soggiorno e l’assenza di accoglienti locande...
Ma a parte queste possibili concause, è da considerare innanzitutto che non esisteva
a Procida alcunché che potesse esercitare sui viaggiatori stranieri lo stesso
fascino prodotto a Capri inizialmente dal solo mito di Tiberio interesse provato
per le proprietà curative delle acque termali e dei fanghi d’Ischia, per il suo castello
aragonese o per l’eremo di San Nicola. A conferma di quanto appena considerato
basterà osservare che, anche per quanto riguarda le immagini prodotte tra il ‘700
e l’800, Procida fu quasi sempre ripresa dal mare, dal golfo di Napoli, dalla costa
flegrea o da Ischia, e solo in poche occasioni qualche Vedutista - tra gli stranieri
l’inglese Hakewill, per esempio, o Turpin de Crissé, i francesi Louis Laurent Raze e
Jean Nicolas Henri de Chacaton o il danese Martinus Rørbye, tra gli artisti locali il
Fergola, Vianelli, Gigante e Gabriele Carelli -, fornì riprese dall’interno di stradine,
chiese o costruzioni; in più, si potrà rilevare anche che molti artisti si limitarono
addirittura a rappresentare il solo costume tradizionale delle donne procidane, dalle
eleganti caratteristiche tipicamente orientali, per evidenziarne la ricchezza delle
decorazioni e il pregio delle stoffe, quali lo svizzero Leopold Robert, per esempio,
o i francesi Louis Léopold Boilly e Édouard Pingret, oppure, tra i numerosi artisti
locali, Pietro Fabris, Saverio Della Gatta, Alessandro D’Anna, Luigi Del Giudice,
Michela De Vito, etc., talvolta senza essere stati sull’Isola e limitandosi soltanto a
replicare con qualche variante le opere prodotte da altri.
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